Valerio abita dal 1968 in Via Monte bianco 114 interno 12, con i genitori: Sardo, segretario capo della direzione generale dei servizi civili del Ministero dell’Interno in via Giovanni Lanza, è iscritto al Partito comunista da sempre, Carla infermiera all’ospedale S. Giovanni. Fra i condomini, al terzo piano, c’è anche un giovane studente con i baffi e la barbetta, si chiama Mario Merlino sarà coinvolto nella strage di Piazza Fontana per il suo ambiguo ruolo di fascista anarchico. Il piccolo Valerio si appassiona alle arti marziali e pratica judo e karate, inizia a frequentare il liceo Archimede di Roma dove consolida il suo interesse per la politica. Qui inizia il suo impegno nel settore della controinformazione: raccoglie informazioni sui giovani di destra e mette sotto osservazione i loro abituali luoghi di ritrovo, compie appostamenti e scatta molte fotografie. Raccoglie tutti gli articoli di giornali che trattano questi temi, compie precise schedature di ogni individuo di suo interesse. Dal febbraio 1979 in famiglia cominciano ad arrivare le telefonate anonime e le lettere di minaccia
Il 22 febbraio le
lezioni al liceo Archimede si interrompono alle 11.15, Valerio si
incontra con i ragazzi del collettivo autonomo di cui fa parte, alle 12.30 i
suoi genitori Carla e Sardo rientrano a casa dopo una mattinata trascorsa in
ospedale e alle 12.45 qualcuno suona il campanello: Carla apre e si trova
davanti due uomini a volto scoperto e uno sta indossando un passamontagna
azzurro, ma la donna fa in tempo a vederlo in viso: ha capelli biondi, lunghi e
ricci, è alto circa 180 cm, corporatura atletica, età 20/25 anni, indossa jeans e
un giaccone di panno blu. Carla nota anche che gli tremano le mani, le sembra
sia sotto effetto di droghe. Legano le
mani e i piedi di Carla e Sardo con del nastro adesivo marrone, sulla bocca
mettono un fazzoletto e poi il nastro adesivo,li trasferiscono in
camera da letto. Alle insistenti domande di Carla sui motivi di questa
irruzione i tre rispondono che devo fare delle domande a Valerio. Il giovane che rimane in camera con loro è quello con lo zucchetto, è armato con una
beretta silenziata, è alto circa 170 cm, di corporatura media, tra i 20 e i 25
anni, il volto rasato, la carnagione scura e gli zigomi pronunciati, indossa un
paio di jeans e una giacca nera. Gli altri due cominciano a rovistare ovunque avendo cura di
indossare guanti da motociclista per non lasciare impronte: prendono un paio di
Rayban a goccia, alcuni libri e il
teleobiettivo della macchina fotografica di Valerio. Alle 13.40 circa Valerio
arriva a casa e viene subito aggredito dal commando, tenta di difendersi con la
pratica delle arti marziali, ma non può far altro che soccombere ai tre ragazzi
che fuggono subito dopo aver sparato. Valerio viene trovato disteso sul divano
con le gambe a penzoloni, i vicini accorrono richiamati dalle urla dei suoi genitori. Viene
chiamato subito il 113, Valerio perde sangue dalla bocca, alle 14.05 muore
dopo essere giunto al Policlinico Umberto 1. La causa della morte è un proiettile penetrato
all’altezza della dodicesima vertebra lombare, che ha reciso l’aorta addominale
provocando la fatale emorragia. Una volta giunti sul posto gli inquirenti
repertano il passamontagna, una beretta 7,65 e una borsa bianca appartenente
agli assalitori che contiene la refurtiva di casa Verbano e cosa piuttosto
strana viene rinvenuto anche un guinzaglio per cani. Nel muro del salotto viene
repertato un proiettile e a terra un bossolo. In camera trovano due rotoli di
nastro da pacco, gli inquirenti sequestrano anche tutto il materiale trovato in
camera di Valerio. Gino De Angelis, uno dei condomini afferma di aver
incontrato i tre ragazzi e fornisce una descrizione quasi identica a quella
fornita da Carla. Il testimone aggiunge anche di aver visto Valerio in
compagnia dei suoi assalitori qualche giorno prima del delitto. Poco dopo però
ritratta tutto affermando di essere stato minacciato e trasloca altrove. Nei
giorni seguenti arrivano diverse rivendicazioni sia da destra sia da sinistra. Dalle
indagini emerge anche il passato di Valerio che il 20 aprile 1979 fu arrestato
nella zona di Fidene a nord di Roma e condannato a 7 mesi di carcere per aver
innescato un congegno incendiario in un casolare abbandonato in via Radicofani, tra le accuse anche la detenzione di una Beretta 7,65 Browning/.32 AUTO mod. 35 con matricola abrasa e
un dossier molto consistente sulla estrema destra romana: in particolare sull’omicidio
di Walter Rossi e Ivo Zini. Gli inquirenti dunque seguono la pista del delitto
politico. Il 23 febbraio alle 23.30 sul davanzale dei fratelli Mambro in via
Adalberto 7 a Roma esplode un ordigno; anche presso la sede del MSI del quartiere
Prenestino in via Erasmo Gattamelata 126 viene posizionato un congegno con il tritolo.
Domenica 24 febbraio un gruppo di autonomi assalta la sede del MSI di via Acca
Larentia 28. Il 25 febbraio alle 15.30 si celebrano i funerali di Valerio, il giorno
dopo dagli avvocati della famiglia Verbano danno la notizia che tutto
il materiale documentale sequestrato quando Valerio fu arrestato ad aprile ‘79
è scomparso dagli archivi del Tribunale. Il 27 le fotocopie del dossier
fantasma riappaiono sulla scrivania del giudice D’Angelo accompagnate da una
lettera della Digos, sempre la Digos fa pervenire le 10 fotografie sviluppate
dalla pellicola trovata nella macchina fotografica di Valerio, le foto sono
sfocate, ma sembrano ritrarre la sede MSI di Via Valsoda.
Nel 1981 c’è una piccola svolta nelle indagini: il 6 gennaio
alle 17.03 Luca Perucci viene ucciso nei pressi della propria abitazione con un
revolver calibro 38, stesso calibro dell'arma che ha ucciso Valerio Verbano, ma le indagini scientifiche dimostrano che non si tratta della stessa pistola. L’omicidio è
rivendicato dai NAR. Gli amici del ragazzo affermano di aver visto l’assassino
avere una colluttazione con Luca prima del delitto e lo descrivono alto 170 cm,
capelli castani, vestito con jeans e una giacca a vento color senape, età circa
18/20 anni. Tre mesi dopo il pentito Cristiano Fioravanti rivela che ad
uccidere Luca è stato Pasquale Belsito che aveva militato con la vittima in
Terza posizione Nel 1983 Sardo presenta al giudice Claudio D’angelo un
memoriale nel quale individua tre ipotesi in merito al delitto del figlio: azione di rappresaglia per la sua attività
antifascista, attività di controinformazione, collusione rossi-neri, i magistrati non ritengono le informazioni fornite di alcuna utilità.
Nel 1987 il pm Loreto D’ambrosio ascolta la testimonianza di
Sergio Calore il quale afferma che il silenziatore sulla Beretta 7,65 trovato
nella casa di Valerio è stato costruito da Egidio Giuliani e da lui fornito a
Roberto Nistri. Nel 1989 il procedimento vene archiviato e viene ordinata la
distruzione dei corpi di reato mentre il revolver 38 special che ha sparato il
colpo mortale non è stato mai trovato. Le indagini vengono purtroppo archiviate.