giovedì 24 gennaio 2019

Guido Rossa




Guido Rossa nasce a Cesiomaggiore in Veneto, l’alpinismo è la sua passione più grande insieme alla pittura, alle sculture in legno. Durante l’adolescenza si trasferisce a Torino e inizia a lavorare in fabbrica a 14 anni dove grazie alla sua creatività e alla grande manualità riesce ad inventare il chiodo a espansione e costruisce martelli e altri attrezzi da usare per l’arrampicata. Con la famiglia andava sempre in campeggio a Riva Trigoso con una tenda a casetta. Era sempre presente come volontario alle feste dell’unità e proprio in uno di questi eventi aveva portato un taglia patate a forma di falce e martello di sua creazione. Sempre attento ai diritti dei lavorati diventa Delegato nel Consiglio di fabbrica. Dopo il delitto nel suo armadietto vengono ritrovati molti blocchi di appunti in cui per cinque anni aveva annotato ogni singolo evento riguardante l'attività sindacale in fabbrica e ritagli con gli articoli dedicati al terrorismo. Nell’ultimo anno il suo comportamento subisce molti cambiamenti, non accompagna piu’ la figlia a scuola, evita di restare per strada con la moglie e la figlia, mette in atto molte cautele senza però spaventare i suoi familiari, senza confidare a nessuno i suoi timori. Ai colleghi raccomanda di non essere mai abitudinari sia  negli orari degli spostamenti sia nei percorsi, di essere sempre guardinghi e di controllare di non essere seguiti.  Il 25 ottobre 1978 Francesco Berardi viene scoperto mentre diffondeva volantini delle BR, nessuno in fabbrica voleva firmare la denuncia e Guido si offre di farlo pur sapendo quanto questa scelta comportasse dei rischi. Nei giorni successivi trova biglietti di minaccia nell’armadietto della fabbrica e riceve anche telefonate anonime a casa, decide però di tenere la cosa per sè evitando di preoccupare la moglie. Decide infine di acquistare una pistola che per un po’ di tempo porta sempre con sé, fino a quando un giorno uscendo di casa vede un uomo che sembra attenderlo, quindi si prepara a sparare. Quando l’uomo si allontana capisce di essersi sbagliato e dal quel giorno lascia sempre l’arma a casa. Decisione che gli sarà fatale. Il 24 gennaio 1979 Guido Rossa esce di casa molto presto per recarsi al lavoro, si muove veloce guardandosi attorno con circospezione, raggiunge la sua auto, fa appena in tempo a salire quando viene raggiunto da Vincenzo Guagliardo che gli spara attraverso il finestrino quattro colpi alle gambe con la sua 7.65. La vittima cerca inutilmente di difendersi dando dei calci e raccogliendo le braccia per proteggere il petto. Riccardo Dura un altro membro della colonna genovese delle BR spara al cuore di Rossa uccidendolo. Lorenzo Carpi resta alla guida del furgone che ha condotto il commando in via Fracchia. Sua figlia Sabina esce alle 7 circa e passa vicino all’auto del padre, ma non la nota e non si accorge neppure del corpo riverso all’interno. Poco dopo essere entrata in aula viene a prenderla la mamma di una compagna e la riaccompagna a casa spiegandole che il padre ha avuto un incidente. Poi la tragica scoperta. L’omicidio Rossa provoca una lacerazione all’interno delle Br poiché la direzione strategica aveva deciso di ferirlo a titolo di monito per evitare che altri facessero “la spia”. I brigatisti hanno dato interpretazioni diverse alla scelta di Dura di uccidere Rossa: secondo Enrico Fenzi si è trattato di una sua decisione autonoma, secondo Fulvia Miglietta invece Dura è intervenuto perché credeva che Guagliardo avesse problemi con la sua arma. Luca Nicolotti sostiene che Rossa viene visto dalle BR come un vero e proprio traditore e per questo deve essere punito anche per evitare che altri facciano la sua stessa scelta, e che il problema Berardi poteva essere gestito direttamente dal servizio d’ordine del PCI, ma nessuno ha voluto prendersi la responsabilità poi delegata ai Carabinieri che però, per procedere, avevano bisogno che qualcuno firmasse la denuncia e qui entra in gioco Guido Rossa. Concorda con questa visione il generale Nicolò Bozzo secondo cui il responsabile della vigilanza interna dell’Italsider, il capitano dei carabinieri Bonino, avrebbe dovuto informare Dalla Chiesa che era a capo di una unità speciale per il contrasto al terrorismo, invece chiamò il comandante della stazione di Rivarolo, maresciallo Mumolo. Dunque la causa indiretta della morte del sindacalista fu un corto circuito informativo tra le forze dell'ordine, davvero agghiacciante! In merito alla dinamica del delitto Nicolotti afferma che secondo lui non c’è stata premeditazione, ritiene infatti che la decisione di ucciderlo da parte di Riccardo Dura è stata presa d’impulso provocata dalla reazione difensiva di Rossa. Nega infine che all’interno delle BR ci fossero dubbi sulla lealtà di Mario Moretti all’epoca capo della colonna genovese. Un’altra testimonianza importante è di Adriano Duglio infatti grazie a lui si affaccia la possibilità che il commando fosse in realtà composto da quattro uomini e non tre come si è sempre creduto. Si tratterebbe di un pentito della colonna genovese che aveva realizzato l’inchiesta per il delitto perché abitava vicino alla casa della famiglia Rossa. Il brigatista dopo il pentimento sarebbe stato fatto sparire con una nuova identità dai servizi. Secondo Renato Curcio, Dura ha agito in modo totalmente autonomo all’insaputa sia della direzione strategica, sia dei suoi compagni in questa azione. Franceschini è di diversa opinione, sostiene infatti che partirono due ordini diversi: uno per il ferimento dalla direzione strategica e un accordo separato tra Dura e Moretti per l’omicidio, infatti Dura all’epoca era il braccio destro di Moretti. Concludendo, nonostante gli assassini di Guido Rossa siano stati individuati e condannati ci sono ancora molti misteri attorno a questo delitto e alla storia delle BR più in generale.





10 commenti:

  1. Una pagina di storia da non dimenticare.

    RispondiElimina
  2. Io ero piccola quando è accaduto tutto questo e mi ricordo davvero ben poco…… mi ha fatto piacere leggere questo tuo articolo. Certe storie non vanno cancellate…..

    RispondiElimina
  3. bello prendere conoscenza di queste storie
    da non dimenticare

    RispondiElimina
  4. Per mantenere vvo il ricordo e non dimenticare non c'è di meglio che leggere le storie che narrano certi argomenti...e immaginare, immaginare tanto, solo così si può cercare di capire

    RispondiElimina
  5. Guido Rossa è un personaggio a cui sono legata, una terribile pagina della storia italiana. A Genova c’e Una straziante statua eretta in sua memoria, ricordo che da bambina la prima volta che la vidi, mi angosciò e chiesi a mio padre chi fosse quell’uomo, lui mi raccontó la sua storia e io mi misi a piangere...

    RispondiElimina
  6. Storia da non dimenticare e solo grazie alle persone come te, che raccontano quanto accaduto, nulla si potrà mai dimenticare!

    RispondiElimina
  7. Gli anni di piombo, una delle vergogne della nostra Italia. Che brutta pagina di storia, abbiamo avuto.

    RispondiElimina
  8. Ricordo un po' quegli anni con le notizie alla tv, poi crescendo ho letto molto sulle BR. Che anni particolari sono stati quelli, anni assolutamente da non dimenticare, perchè dal passato dobbiamo imparare a non replicare il brutto!

    RispondiElimina
  9. Una pagina di storia conosciuta, che non andrebbe dimenticata, come non andrebbero dimenticati gli uomini che l'hanno vissuta e hanno dato la vita per questo. Io non conoscevo questi uomini e grazie al tuo racconto sono di nuovo vivi in noi.

    RispondiElimina
  10. Io non ero nata quando sono accadute queste cose ma mia madre me le ha raccontate. Qualcosa l'ho anche studiato sui testi di storia all'università. Purtroppo nei libri scolastici non ci sono e invece questa parte di storia del nostro paese andrebbe raccontata.

    RispondiElimina