mercoledì 23 gennaio 2019

Roberto Franceschi




Roberto Franceschi frequenta il secondo anno di Economia politica all’università Bocconi e quel martedì 23 gennaio 1973 è prevista una assemblea del movimento studentesco nel suo ateneo. E’ stato proprio Roberto il giorno prima a compilare e consegnare la richiesta. Il rettore Giordano Dell’amore autorizza l’assemblea a condizione che non sia consentito l’ingresso a studenti di altri atenei né agli operai. Poco prima delle 21 Roberto si trova vicino all’ingresso del Pensionato Bocconi  e vede i 100 poliziotti schierati in assetto di guerra all’angolo tra via Sarfatti e via Bocconi. E’ stato il rettore ad avvisare la polizia dell’assemblea senza che apparentemente ci fosse un pericolo contingente, la tensione tra i ragazzi cresce sempre di più e Sergio Cusani dopo una concitata telefonata al rettore, alle 22.15 circa decide di avvisare tramite un cartello che la riunione è rinviata a data da destinarsi. Alle 22.30 gli studenti iniziano ad allontanarsi e alle 22.45 quelli rimasti attaccano i poliziotti con urla e lancio di sassi. Le forze dell’ordine reagiscono immediatamente  rincorrendo i ragazzi in fuga e si cominciano a sentire numerosi spari. Roberto Franceschi viene colpito alla nuca e cade a terra, Roberto Piacentini viene ferito alla schiena e un terzo proiettile colpisce la portiera di una 500 blu parcheggiata in via Bocconi. I familiari di Roberto vengono a sapere di quanto accaduto all’una di notte, dopo essere rientrati nella casa di Via Emilio De Marchi 8, grazie ad una telefonata fatta da Francesco Fenghi un amico del figlio e si recano subito al Policlinico. Il ragazzo entra rapidamente in coma profondo e viene trasferito in rianimazione dove rimane fino al giorno della morte avvenuta il 30 gennaio 1973. Dopo la cerimonia funerale civile la famiglia si cere al cimitero di Dorga per la tumulazione. Il vicequestore Tommaso Paolella afferma che gli studenti lanciarono cubetti di porfido e due bottiglie incendiarie, una delle quali colpì il telone della campagnola del Tenente Addante. Il questore Allitto Bonanno conferma che l’autista della campagnola Gianni Gallo sparò due colpi dopo essere sceso dalla campagnola con il tetto in fiamme.  L’avvocato dello Stato Marcello Della Valle residente al quarto piano di un palazzo all’angolo tra via Sarfatti e via Bocconi, alle 22.45 testimonia di aver visto una persona in borghese con un cappotto grigio a capo scoperto, sparare quattro o cinque colpi in direzione degli studenti in fuga. Italo Di Silvio, bancario residente al secondo piano dello stesso palazzo vede un uomo vicino al semaforo tra via Sarfatti  e via Bocconi sparare contro la folla. L’ultimo testimone di questa drammatica notte è Roberto Piacentini, vede un uomo in divisa grigioverde che spara due colpi e uno con un cappotto blu compiere lo stesso gesto. L’inchiesta per l’omicidio e il ferimento di Roberto Franceschi e Roberto Piacentini viene affidata prima ad Antonio Pivotti e poi a Elio Vaccari che da subito si rende conto che le armi consegnate per la perizia balistica sono state manomesse, forse proprio per questa ragione viene estromesso dalle indagini avocate dal Procuratore Capo Giuseppe Micale. Finalmente ha inizio il processo e alcuni documenti fotografici dimostrano che la campagnola non è stata mai raggiunta dalla bottiglia incendiaria che risulta essere caduta a terra a poca distanza. Gallo è evidente dalle immagini che ha partecipato alle operazione di spegnimento utilizzando tra l’altro il proprio berretto. La perizia balistica ha accertato che le pallottole che hanno colpito i due ragazzi e la 500 provengono tutte dalla stessa arma: la pistola 7,65 in dotazione a Gallo. Sempre in quella notte si è potuto accertare che abbiano certamente sparato anche il Vicequestore Paolella, l’appuntato Cosentino, l’appuntato Vittorio Di Stefano e Agatino Puglisi. Dopo gli spari nella pistola di Gallo sono state inserite nel caricatore 2 o 3 cartucce. Dopo un iter giudiziario lunghissimo il 22 aprile 1985 tutti gli imputati sono stati assolti. Nella foto il monumento che ricorda i fatti avvenuti presso l'università Bocconi di Milano 

6 commenti:

  1. Non conoscevo questa storia!!!! Ci sono tanti personaggi che meritano importanza per ciò che hanno fatto!
    Nicoletta

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  2. Devo fare innanzitutto i complimenti per il titolo del blog, mi piace un sacco e poi mi ci ritrovo in pieno, ho proprio un debito nei confronti del sonno. Ho letto questo articolo forse perché era il primo che mi si presentava davanti, sono un po' assonnata e pigra in questi giorni, poi l'ho letto d'un fiato. Ho frequentato l'UNiversità a Milano. Non la Bocconi. Molti amici invece sono andati lì e non ho mai conosciuto questa vicenda. Ci sono persone che sono morte a causa della stoltezza altrui, o perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, e che finiscono nel dimenticatoio. Grazie a te per aver riportato alla luce questo fatto. Alla prossima che andrò a Milano, farò in giro in Bocconi.

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  3. Non conoscevo questa storia, grazie per averla condivisa con noi

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  4. Non sapevo questa storia, complimenti per l’articolo molto interessante

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  5. Sono di Milano ma non avevo mai sentito questa storia. Grazie per averla riportata

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